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Da Unioncamere e Google 20 borse di studio per laureati e laureandi
“Distretti sul web” è un’iniziativa che vede protagonista la digitalizzazione delle piccole e medie imprese in venti distretti industriali italiani al fine di dare una spinta alla competitività e alla collaborazione nei sistemi produttivi territoriali, per un maggiore accesso ai mercati internazionali.   Il progetto nasce da un protocollo d’intesa siglato fra Unioncamere (Unione italiana delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) e Google Italy, e prevede lo stanziamento di 120mila euro per il finanziamento di venti borse di studio, tutte destinate a giovani laureandi e neolaureati. Si tratta di un’importante opportunità per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro e per le Imprese che desiderano valorizzare la loro presenza “sulla rete” e sfruttare nuovi canali.   La via dell’internazionalizzazione gioca un ruolo sempre più centrale per lo sviluppo dell’economia italiana, i dati parlano chiaro: una recente analisi condotta da Google, nel corso del primo semestre 2012 in dieci Paesi del mondo, dimostra che le ricerche relative al prestigioso “Made in Italy” sono aumentate del 13% rispetto allo stesso periodo del 2011.   Puntare a una preparazione di alto livello formativo per i giovani che andranno a inserirsi nelle realtà di questi territori produttivi è la grande scommessa di Unioncamere e Google che, per la procedura di selezione dei candidati alle borse di studio, si avvarranno della collaborazione di Universitas Mercatorum (Ateneo Telematico delle Camere di Commercio).   I giovani selezionati, uno per ciascun distretto industriale coinvolto nel progetto, riceveranno una borsa di studio del valore di 6.000 euro per la durata di sei mesi e, passato il training formativo, potranno collaborare con le Imprese per cogliere tutte le opportunità del Web ed elaborare con loro una strategia per svilupparne la presenza online.   La lista dei venti distretti, il bando di partecipazione, il regolamento e il modulo per presentare la candidatura sono disponibili su www.unimercatorum.it.
Il Business Plan per l’internazionalizzazione
Lo strumento più utilizzato per pianificare e valutare un progetto imprenditoriale all'estero è il Business Plan per l'internazionalizzazione, che permette di sviluppare sia una previsione chiara ed esaustiva del progetto, sia un'analisi della realtà aziendale in termini di risorse, organizzazione e funzioni. ll Business Plan (BP) è il documento che riassume il progetto imprenditoriale che si intende avviare e contiene una serie di informazioni quali: * la presentazione del progetto * l'analisi del settore di attività e del mercato * gli investimenti e i costi correlati.   Consente di verificare nella sostanza la fattibilità del progetto stesso e di pianificarne l'avvio, cercando di trasformare il rischio generico in rischio calcolato.   Gli obiettivi del Business Plan Il BP viene realizzato in particolare con due obiettivi: 1 aiutare la reale comprensione del business da parte dei soggetti promotori dell'iniziativa, evidenziando i rischi e le possibili ripercussioni di ogni scelta di medio/lungo periodo e di fissare gli obiettivi che dovranno essere raggiunti affinché il progetto abbia successo 2 convincere eventuali finanziatori sia di capitale di rischio che di debito a partecipare al progetto.   La costruzione del Business Plan comporta un'approfondita analisi/indagine strategica preliminare; occorre individuare la possibile evoluzione dell'ambiente con cui si confronta l'impresa e quale sarà l'evoluzione della situazione ambientale nell'orizzonte temporale preso in considerazione.   Questo aspetto è particolarmente importante in un progetto d'internazionalizzazione in quanto l'azienda si inserisce in un ambiente esterno (legislativo, economico-finanziario, fiscale) sconosciuto o parzialmente conosciuto e che può rivelarsi anche più determinante dell'ambiente interno all'azienda stessa (organizzazione, prodotto, ecc.) per il successo dell'iniziativa. In base alle conclusioni dell'indagine, sarà possibile individuare le opportunità strategiche principali che l'impresa potrà perseguire e, per ogni opzione individuata, occorrerà valutare l'impatto differenziale sulla struttura di costi e ricavi dell'azienda, facendo attenzione sia ad ogni possibile implicazione che ai rischi correlati. Una volta definito il progetto nei suoi tratti fondamentali e valutata la fattibilità gestionale-operativa, l'azienda potrà considerare se esistono strumenti finanziari più adatti per supportare la realizzazione dello start-up del progetto d'insediamento sul mercato estero.   SIMEST S.p.A. è la merchant bank che ha il compito di gestire gli interventi di sostegno pubblico alle imprese italiane che operano nei mercati esteri. I principali strumenti di intervento agevolativo prevedono forme di sostegno a supporto del capitale d'impresa, regolati da forme di partecipazione societaria o a favore di studi di mercato o anche investimenti di tipo commerciale.   Quindi anche il Business Plan per l'internazionalizzazione è finanziabile. La legge di finanziamento di riferimento è l'art.6 comma 2 lett. C della legge 133/08 (finanziamento allo 0,5% della durata di 4 anni). Se dal Business plan si passa alla fase operativa allora vediamo che: * per gli investimenti commerciali è previsto un finanziamento a tasso agevolato (attualmente allo 0,5% della durata di 7 anni) regolamentato dalla l'art.6 comma 2 lett. A della legge 133/08 * per finanziare l'investimento produttivo, interviene la L.100/90 che prevede una partecipazione al capitale sociale da parte di SIMEST in qualità di socio di minoranza (fino al 49% della capitale sociale dell'impresa estera) tramite l'acquisizione di quote/azioni della New.co - new company estera, contribuendo a rafforzarne la struttura patrimoniale ed al contempo avviando un contributo in conto interessi della durata massima di 8 anni nel caso in cui l'azienda avesse aperto una linea di credito con la propria banca per il finanziamento del proprio capitale di rischio sottoscritto nella Newco.   Questo contributo è però ottenibile solo se la Newco ha sede fuori dalla UE, precisiamo questo in quanto recentemente Simest ha la possibilità di operare anche all'interno della UE, ma in quest'area non è possibile ottenere il contributo in conto interessi.   Sempre recentemente è stato istituito un Fondo Start Up finalizzato alla partecipazione in Newco espressamente costituite per la gestione di un progetto di internazionalizzazione Questa particolare tipologia di aiuto consente all'azienda di avviare l'iniziativa con il supporto di valide garanzie patrimoniali, potendo cosi far fronte alle esigenze primarie della Newco anche nei confronti degli istituti di credito presenti sul mercato locale. www.newsmercati.com  
La litispendenza internazionale
I casi di contenzioso “cross border” (controversie tra operatori appartenenti a diverse giurisdizioni) hanno assunto una crescente rilevanza con l’incremento degli scambi commerciali internazionali. Una procedura giudiziale all’estero comporta quasi sempre costi complessivi pesanti e molte problematiche. Basti pensare, solo per citare qualche esempio, alla difficoltà di: reperire professionisti adeguati all’estero sottoporsi ad una legge poco conosciuta e a un sistema giudiziario spesso molto diverso comprendere il linguaggio giuridico in una lingua straniera. Per evitare un simile indesiderato contesto, in molti casi, sarebbe sufficiente una maggiore attenzione alla fase che precede il potenziale contenzioso. Invero, il principio della litispendenza processuale (che si applica anche nel nostro ordinamento interno) può costituire un efficace strumento da adottare per “indurre” la controparte estera a difendersi in giudizio in Italia. In virtù di esso l’operatore italiano, nei casi nei quali l’Autorità Giudiziaria italiana possa ritenersi competente, può avviare il procedimento nel nostro paese notificando l’atto introduttivo del giudizio presso la controparte straniera e “chiamandola”, pertanto, a difendersi dinanzi ad un Tribunale nazionale. Dal momento in cui la controversia sia validamente radicata in Italia con il ricevimento, nelle forme di legge, dell’atto introduttivo del giudizio presso l’operatore straniero, quest’ultimo non potrà più, normalmente, avviare il medesimo procedimento nel proprio paese di appartenenza. E’ lo stesso fondamentale assunto del “ne bis in idem“ che trova riconoscimento anche sul piano internazionale. Le applicazioni pratiche possono essere molteplici, ma un semplice esempio, potrà essere di supporto. Esempio Il produttore di macchine utensili italiano (A) ha venduto un suo prodotto a un operatore canadese (B). B contesta ad A: il mancato funzionamento del prodotto a motivo, a suo dire, di presunti difetti dello stesso imputabili ad A la risoluzione del contratto per inadempimento di avere subito gravi perdite per effetto del mancato utilizzo del macchinario reclamando, fra l’altro, il risarcimento dei danni. Nella descritta situazione potrebbero verificarsi due ipotesi: 1. B inizia per primo la causa in Canada notificando ad A l’atto di citazione in giudizio dinanzi al Tribunale canadese competente, ovvero più semplicemente depositando tale atto: il momento dal quale inizia a decorrere la litispendenza può variare infatti a seconda delle giurisdizioni (negli USA, ad esempio, normalmente, l’atto viene prima depositato in Tribunale e la lite è già pendente da quel momento e viene notificato solo dopo). 2. A “anticipa” B iniziando egli stesso la lite in Italia (previa verifica della competenza della giurisdizione nazionale) per fare accertare il suo buon diritto a ritenersi adempiente al contratto con tutte le conseguenti declaratorie di legge nei confronti di B dinanzi al Tribunale italiano competente. In tal caso dovrà provvedere a notificare alla controparte straniera l’atto introduttivo del giudizio nelle forme previste per le notifiche all’estero in conformità alle disposizioni della legge italiana. Come appare evidente dall’esempio prospettato la lite è sostanzialmente la stessa sia sul piano delle parti che dell’oggetto della contesa: cambiano, tuttavia, le Autorità giudiziarie nazionali chiamate a pronunciarsi. Nel primo caso la parte italiana sarà costretta a difendersi all’estero. Nel secondo caso, invece, potrà trarre vantaggio- nei casi in cui il Giudice italiano possa ritenersi competente - dalla sussistenza di una procedura giudiziale in Italia evitando così di essere coinvolta, suo malgrado, in un procedimento all’estero.   Se la parte avversa , nonostante la pendenza della lite in Italia, iniziasse a sua volta il procedimento nella propria giurisdizione, l’operatore italiano potrebbe eccepire, di fronte al Tribunale straniero, la “pendenza” dello stesso procedimento già in essere dinanzi all’Autorità giudiziaria del nostro paese.   Tale regola è riconosciuta, generalmente, nella grande maggioranza dei Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite salvo qualche eccezione come, ad esempio, il Brasile.   In ogni caso, non bisogna dimenticare che l’esistenza di un causa precedente in Italia con identità di soggetti e dell’oggetto del contendere costituisce uno dei motivi previsti dal nostro ordinamento per negare il riconoscimento e l’ingresso della sentenza straniera nel nostro paese.   Ovviamente è raccomandabile condurre una disamina, caso per caso, per accertare l’effettiva applicazione di tale disposizione. Va infatti considerato che, soprattutto nei casi in cui non vi sia una convezione internazionale in materia che produca norme uniformi nei vari Stati aderenti, stabilire se nel caso specifico vi sia litispendenza o meno – in particolare dal punto di vista dell’identità dell’oggetto e della domanda giudiziale - è una questione di non sempre agevole soluzione posto che presuppone, fra l’altro, una disamina delle norme applicabili sul tema nella giurisdizione della controparte.   Sulla base delle suesposte considerazioni, il principio della litispendenza può essere ritenuto uno strumento prezioso per l’operatore sul presupposto tuttavia che siano osservate le cautele del caso e che sia fatto valere con la necessaria tempestività per evitare che sia proprio la parte straniera ad avvalersene e a trarne beneficio.
Regolamento CE n. 1223/2009 sui cosmetici
Il 22 dicembre 2009 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea è stato pubblicato il nuovo regolamento sui cosmetici 1223/2009 (Direttiva Europea 76/768/CEE) che ha lo scopo di armonizzare tra i vari Stati la procedura di immissione sul mercato dei cosmetici tenendo in considerazione l’innovazione tecnologica che continua ad interessare il settore. Il Regolamento apporta, seguendo la naturale evoluzione del settore e in base alle esperienze maturate, modifiche ed integrazioni e chiarisce una serie di aspetti che avevano generato equivoci.   Le disposizioni del nuovo Regolamento si applicano a decorrere dall’11 luglio 2013, ad eccezione di alcune classi di prodotto la cui regolamentazione è stata anticipata (sostanze CMR e nanomateriali).   Grazie a questo regolamento è ora possibile garantire la libera circolazione delle merci insieme ad elevati standard di qualità, ciò a tutela della salute e della sicurezza dei consumatori.   Principali cambiamenti Definizioni Il nuovo Regolamento introduce il cosiddetto “Set di definizioni di base”, analogamente a quanto previsto dagli standard internazionali. Vengono fornite una serie di definizioni (art. 2) con l’obiettivo primario di eliminare o perlomeno ridurre le interpretazioni, a tutto vantaggio dei destinatari diretti ed indiretti del regolamento. Persona responsabile Si prevede la nomina della Persona Responsabile per la immissione sul mercato in UE; egli assume la piena responsabilità, tecnica e sanitaria, per i prodotti immessi sul mercato. Conseguentemente, tale funzione ha in capo la realizzazione e gestione di tutta la documentazione di sicurezza, redigendo, aggiornando e detenendo (all’indirizzo indicato in etichetta) i seguenti documenti: Documentazione Informativa (art.11) Relazione di Sicurezza (allegato I) Valutazione di sicurezza (art. 10). Inoltre, la Persona Responsabile deve organizzare e gestire la cosmetovigilanza e riferire gli eventuali effetti indesiderati alle Autorità Sanitarie.   Ciò implica il rafforzamento dei controlli sul mercato, dato che molte aziende del settore lavorano conto terzi. In questi casi, la nomina di un soggetto esterno può permettere di trovare una soluzione che venga incontro alle esigenze di molti Brand, i quali comprensibilmente non vogliono far conoscere al mercato che si avvalgono, in modo peraltro assolutamente legittimo, di fornitori a cui demandano in outsourcing l’intera produzione e confezionamento del prodotto.   La Persona Responsabile deve anche garantire la tracciabilità, e quindi deve poter identificare i distributori ai quali fornisce il prodotto, per un periodo di tre anni dopo la data in cui il lotto del prodotto è stato messo a disposizione del distributore. Lo stesso vale anche per tutti gli altri operatori della catena di fornitura.   In caso di non conformità di un prodotto, tramite la Persona Responsabile si devono adottare tutti i provvedimenti per renderlo conforme, ritirarlo dal mercato o richiamarlo in tutti gli Stati membri in cui il prodotto è disponibile. Ovviamente, le Autorità Sanitarie possono adottare ulteriori misure correttive.   Etichettatura Nell'etichetta dei prodotti, non devono essere impiegati diciture, denominazioni, marchi, immagini o altri segni, figurativi o meno, che attribuiscano ai prodotti stessi caratteristiche o funzioni che non possiedono. L’etichetta, posta sui recipienti e/o imballaggi, dovrà inoltre contenere obbligatoriamente le seguenti indicazioni, in caratteri indelebili, facilmente leggibili e visibili: il nome o la ragione sociale e l'indirizzo della Persona Responsabile del prodotto il paese di origine dei prodotti importati il contenuto nominale al momento del confezionamento, espresso in peso o in volume la data limite di utilizzo del prodotto, stoccato in condizioni adeguate le precauzioni per l'impiego, anche per i cosmetici di uso professionale il numero del lotto di fabbricazione o il riferimento che permetta di identificare il prodotto l'elenco degli ingredienti, ovvero qualsiasi sostanza o miscela usata intenzionalmente nel prodotto durante il processo di fabbricazione. La lingua nella quale vanno indicate le informazioni è determinata dallo Stato Membro in cui il prodotto viene messo a disposizione dell'utilizzatore finale.   Claim pubblicitari La Commissione ha l’incarico di definire un piano d'azione che, mediando le esigenze dei vari Stati membri, uniformi le dichiarazioni ("claims") figuranti sui cosmetici. Dovranno essere fissati criteri comuni per l’uso delle dichiarazioni medesime. Notifica centralizzata Dato che tra le finalità del Regolamento c’è anche quella di armonizzare le norme degli Stati Membri è prevista (art. 13) una notifica informatica centralizzata. Si tratta di comunicare una serie di informazioni, tra cui anche il nome dei distributori, ed è previsto l’invio dell’etichetta e di una fotografia del prodotto. Questo permetterà una registrazione unica, valida per tutti i Paesi UE.   Sperimentazione animale La sperimentazione animale dovrà essere sostituita con metodi alternativi. Il regolamento vieta la realizzazione di sperimentazioni animali all'interno della UE per: i prodotti finiti gli ingredienti le combinazioni di ingredienti. E’ vietata, conseguentemente, anche l'immissione sul Mercato Europeo di: prodotti la cui formulazione finale sia stata oggetto di sperimentazione sugli animali prodotti contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto di sperimentazione sugli animali. Applicazione delle norme di buona fabbricazione (GMP) Gli Stati Membri dovranno effettuare attività di vigilanza tramite analisi della documentazione di prodotto e test fisici di laboratorio. Dovranno, inoltre, verificare l’applicazione dei principi di fabbricazione (ad esempio, tramite l’applicazione della Linea Guida ISO 22716 ”Pratiche di buona fabbricazione - GMP - Linee guida sulle pratiche di buona fabbricazione”).   Sorveglianza del mercato Gli Stati Membri avranno il compito di pianificare ed effettuare controlli su scala adeguata, analizzando la documentazione informativa predisposta dagli operatori del settore. Dovranno anche valutare la necessità di procedere a test dei campioni di prodotto. Avranno infine in capo la verifica dei principi GMP per tutta la catena di fornitura, da effettuare per mezzo di un adeguato sistema di tracciabilità; a tal fine dovranno essere conferite alle autorità di vigilanza le risorse e le competenze per poter effettuare tale azione di sorveglianza.   Sostanze CMR e sostanze vietate Le Sostanze CMR (Cancerogene, Mutagene, Tossiche per la riproduzione) possono essere ammesse solo se verificate dall’SCCS (Scientific Committee for Consumer Safety) e comunque sono definite condizioni estremamente severe per l’impiego di tali sostanze. Gli allegati al regolamento riportano inoltre un elenco di sostanze il cui impiego nei prodotti cosmetici è vietato (allegato II) o limitato (allegato III). Sono altresì vietati alcuni coloranti (diversi da quelli dell'allegato IV), conservanti (diversi da quelli dell'allegato V) e filtri UV (diversi da quelli dell'allegato VI). Nanomateriali Nell'elenco degli ingredienti esposto sulle confezioni dei cosmetici dovrà figurare chiaramente la presenza di nanomateriali. Per i prodotti cosmetici contenenti nanomateriali immessi sul mercato prima dell’11 gennaio 2013 la Persona Responsabile dovrà effettuare la notifica in formato elettronico tra l’11 gennaio 2013 e l’11 luglio 2013, in aggiunta alla notifica di cui all’art. 13 del medesimo Regolamento. La notifica deve contenere informazioni riguardanti: dimensioni delle particelle, loro proprietà fisiche e chimiche, stime delle quantità, profilo tossicologico, ecc.   www.newsmercati.it