Video intervista a Luigi Aurisicchio – fondatore e amministrazione di Takis srl

COVID-19 – Takis, società di biotecnologia di Roma, in prima linea nella ricerca per un vaccino Intervista a Luigi Aurisicchio, biologo di 49 anni, fondatore e amministratore delegato di Takis, società biotech con sede al Tecnopolo di Castel Romano, alle porte di Roma. A fine gennaio, solo qualche giorno dopo la pubblicazione della sequenza del DNA del Covid-19 da parte ...

COVID-19 – Takis, società di biotecnologia di Roma, in prima linea nella ricerca per un vaccino

Intervista a Luigi Aurisicchio, biologo di 49 anni, fondatore e amministratore delegato di Takis, società biotech con sede al Tecnopolo di Castel Romano, alle porte di Roma.

A fine gennaio, solo qualche giorno dopo la pubblicazione della sequenza del DNA del Covid-19 da parte dei cinesi, la Takis, che fino a quel momento ha sempre e solo avuto esperienza nel settore oncologico, inizia a lavorare al progetto di propria iniziativa, senza alcun tipo di finanziamento.

Guarda la video intervista su youtube: https://youtu.be/QVluS-7CXEs

Successivamente alla nostra intervista e a valle del via libera del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, ai primi di aprile, la Takis è partita con la sperimentazione del vaccino sui topi ed in autunno si prevede la sperimentazione sull’uomo.

Dopo aver visto la video intervista, puoi lasciare un tuo commento e partecipare alla discussione sul Gruppo LinkedIn dedicato alla Community degli Innovatori Lazio 2030 – Scienze della Vita https://www.linkedin.com/groups/8846745/

Come ulteriore contributo alla riflessione, riportiamo l’intervista al fondatore di Takis realizzata dal Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita ALISEI.

Takis è tra le società a livello mondiale in pole position per la sperimentazione di un vaccino contro il virus Sars-CoV2. Da quanto tempo state lavorando su questo progetto? State collaborando anche con altri soggetti?

Abbiamo cominciato a lavorare a questo progetto il 27 gennaio 2020, qualche giorno dopo che gli scienziati cinesi hanno pubblicato la sequenza del Covid-19, in base alla quale abbiamo progettato un vaccino di tipo genetico. Il vaccino è basato su un frammento di DNA codificante per la proteina Spike, che il virus utilizza per entrare nelle cellule e che abbiamo ingegnerizzato in varie versioni. Noi stiamo cercando di selezionare queste proteine in base alla maggiore immunogenicità.

La fase sperimentale sugli animali è quasi terminata ed è stata condotta nei nostri laboratori a Castel Romano, mentre la parte di neutralizzazione del Covid-19 verrà condotta dall’ospedale Spallanzani di Roma. Stiamo lavorando anche per avviare una collaborazione con l’istituto Pascale di Napoli, con cui lavoriamo da anni, che potrebbe condurre uno studio clinico sul vaccino. Una volta terminata la sperimentazione sui topi, ci sarà la preparazione in larga scala del vaccino e gli studi di carattere regolatorio, che l’agenzia del farmaco richiede prima di andare nell’uomo. A partire dall’autunno inizieremo gli studi clinici.

Takis è tra i membri della task force che lavora sul vaccino messa in piedi dall’Oms. Come state interagendo a livello internazionale? C’è una linea comune di sperimentazione tra le realtà che stanno lavorando per trovare il vaccino contro il virus Sars-CoV2?

L’Oms ha creato una task force mettendo assieme tutte le aziende e gli istituti di ricerca del mondo che stanno lavorando sui vaccini. Ci sono riunioni periodiche nelle quali si parla di vari aspetti dello sviluppo del vaccino. Fino a oggi abbiamo condiviso le piattaforme tecnologiche che ciascun soggetto ha a disposizione, i modelli preclinici da utilizzare e come testare l’efficacia del vaccino che verrà sviluppato. Pochi giorni fa, nel nostro ultimo incontro abbiamo parlato dello studio clinico, cercando di definirlo sulla base di un criterio unico. Poiché studi piccoli che abbiano dei placebo non sono eticamente accettabili in una situazione pandemica come quella che stiamo vivendo, si è deciso di fare un disegno unico sperimentale in cui il vaccino che non funziona rappresenta il controllo negativo del vaccino che funziona. In questo modo l’Oms potrà definire a livello mondiale un unico studio clinico con vaccini diversi, in base al quale si potrà capire da subito quale funziona e quale no.

Quando possiamo aspettarci un vaccino? Sarà un unico vaccino a livello mondiale o potrà essercene più di uno? Quale sarà il suo meccanismo di funzionamento?

Credo ci si possa aspettare il vaccino nell’ultima parte del 2021, prima è difficile. Inizialmente potrebbe essere disponibile per le popolazioni a rischio, per esempio per il personale sanitario esposto ai pazienti che hanno il Covid-19. In una seconda fase potrebbe essere destinato alle persone con rischi maggiori causati della comorbidità, ovvero della presenza di altre patologie. In ultima fase il vaccino potrebbe essere disponibile per il resto della popolazione mondiale.

Un grosso collo di bottiglia sarà la produzione del vaccino. Le varie aziende che stanno lavorando sul vaccino stanno anche pensando alla fase di produzione su larga scala. Alcune di queste sono avvantaggiate rispetto ad altre perché possono contare su finanziamenti di enti governativi, come la CureVac, che ha ricevuto 80 milioni di euro dalla Commissione europea, o Moderna che ha ricevuto dal Ministero americano della difesa un finanziamento enorme per produrre il vaccino su larga scala. Tutto questo prima ancora di conoscerne l’efficacia.

Purtroppo, in Italia non siamo in questa condizione. Nel nostro caso dovremo necessariamente lavorare con un’azienda farmaceutica che produrrà il vaccino. Dovremo rivolgerci a un’azienda straniera perché nel nostro Paese non esistono aziende in grado di produrre il nostro vaccino che si fonda su un concetto innovativo, quello di utilizzare un frammento di Dna. Abbiamo in progetto di realizzare un’officina di produzione del nostro vaccino, ma non sarà pronta prima di due anni. Necessariamente dovremo quindi produrlo all’estero e avremo bisogno del supporto economico e commerciale di una grande azienda farmaceutica.

Lei ha sempre partecipato alle diverse edizioni di Meet in Italy for Life Sciences, l’evento flagship di ALISEI, che quest’anno si terrà a ottobre a Genova. Pensa che in quella occasione si possa fare una riflessione non solo sui modi per combattere il Covid-19 ma anche su come prevenire la diffusione di pandemie e un ripensamento del sistema di cura a livello nazionale e internazionale?

Questa emergenza sanitaria ci insegnerà tantissimo. Oggi stiamo utilizzando il Covid-19 come banco di prova. Stiamo realizzando in maniera molto rapida, sia a livello scientifico sia di regolazione o di produzione di vaccini, delle metodiche che sono rapidissime e impensabili fino a qualche anno fa, si stanno bruciando le tappe. In pochi mesi o settimane stiamo facendo quello che qualche anno fa si sarebbe fatto in 5 o 6 anni. Credo che per la prossima edizione del Meet in Italy si potrà pensare a un modello di risposta immediata a qualsiasi patogeno. Le stesse tecnologie, come la vaccinazione genetica, le potremmo usare per qualsiasi virus, per lo stesso Covid-19 che potrebbe evolvere e accumulare mutazioni quindi bisognerà pensare già da subito a un vaccino di seconda e terza generazione o anche per altri tipi di patologie.

Quale potrebbe essere il ruolo di ALISEI a supporto della ricerca?

ALISEI potrebbe fare in modo che il Ministero della Salute o della Ricerca aiutino maggiormente le aziende, non solo gli IRCSS o gli ospedali che tipicamente fanno ricerca, ma anche aziende come la nostra che fanno 100% ricerca e sviluppo. Noi abbiamo spesso difficoltà a finanziarci e siamo costretti a cercare finanziamenti privati. I PON rappresentano sicuramente un importante strumento a supporto della ricerca. Purtroppo se un’azienda instaura una interessante collaborazione con un istituto di ricerca gli viene riconosciuto il finanziamento PON, ma l’azienda deve anticipare con una fideiussione il costo del progetto, e parliamo anche di milioni di euro, per poi rivedere i soldi dopo anni. Questa modalità porta spesso al fallimento delle aziende. In Italia ci sono troppi ostacoli burocratici che mettono in difficoltà le imprese, impediscono l’operatività e limitano lo sviluppo della ricerca.