Il 27 settembre 2013 si terra' il seminario "L'IFC -International Finance Corporation incontra le imprese italiane, focus su Agroindustria, Acqua ed Energie Rinnovabili".
L'iniziativa si svolgera' a Roma presso la Sede dell'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, Via Liszt, 21, con inizio dei lavori alle ore 09:30 (registrazione partecipanti alle ore 09:00).
News
Il prestigio di Rio Oil & Gas.
La fiera, appuntamento biennale, è una vetrina di prestigio per le aziende brasiliane e internazionali che desiderano esporre i loro prodotti e servizi.
Seconda edizione del salone Internazionale della Tutela monumentale, del Restauro e della Tecnica museale a Mosca, 3 - 5 ottobre 2013.
Il salone denkmal Mosca si svolgerà all'interno del Centro espositivo ARTPLAY di Mosca, - Nizhnyaya Syromyatnicheskaya n. 10, distante solo una fermata di metropolitana dalla Piazza Rossa e dal teatro Bolshoi.
Oltre al restauro architettonico e alla tecnica museale, il salone denkmal Mosca riunisce tutti i settori che operano in ambito della tutela del patrimonio culturale. Il restauro del legno, della carta, della seta, delle pietre preziose, come pure di dipinti, bronzi, pietre naturali e ceramica sono tutti elementi costitutivi del salone, cui si aggiungono il restauro di monumenti e memoriali, archeologia, allestimento dei musei, la conservazione di interi complessi quali centri storici, conventi e parchi naturali.
Denkmal-Mosca offre alle imprese e agli esperti del settore una piattaforma ideale per presentare tecnologie e prodotti innovativi su un mercato in crescita, come pure per allacciare importanti contatti con aziende, esperti, potenziali committenti, pianificatori urbani e con le autorità decisionali della Russia.
Ulteriori informazioni sono contenute nel file allegato o e possibile visitare il sito www.denkmal-moscow.com
Per domande e chiarimenti si prega di contattare la Rappresentanza italiana a Lipsia del salone denkmal-Mosca:
Rita Munzi
Tel.: 49 341 1267 1462
Fax: 49 341 1267 1446
Email: rmunzi@itkam.org www.itkam.org
Flyer Denkmal-Mosca
Denkmal Mosca 2013 domanda di iscrizione
Coupon di risposta Denkmal Mosca
Si è svolta a Toronto dal 3 al 5 luglio la missione imprenditoriale del progetto Lazio DELI, ultima fase del progetto di internazionalizzazione a sostegno della filiera food & beverage, a cui hanno preso parte 40 imprese del Lazio.
Il ministero dello Sviluppo economico rende noto che è aperta la presentazione delle domande di contributo 2013 per progetti di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, realizzati da Associazioni, Enti, Istituti, Camere di Commercio italo-estere.
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Dal 9 al 13 settembre 2013 si svolge a Belo Horizonte (Stato del Minas Gerais – Brasile) la Settimana Internazionale del Caffè che ospiterà l`incontro organizzato in occasione del cinquantesimo anniversario dell`Organizzazione Internazionale del Caffè (OIC) e l’8ª edizione della fiera internazionale “Espaço Café Brasil”, manifestazione ricca di eventi, convegni, workshop e incontri d’affari che nel 2012 ha registrato 6500 visitatori e più di 100 marchi in esposizione.
Per informazioni contattare gli organizzatori:
Settimana Internazionale del Caffè
www.semanainternacionaldocafe.com.br.
www.agricultura.mg.gov.br
ico@agricultura.mg.gov.br
Tel: +55 31 3915-8808
Fiera “Espaço Café Brasil”
www.espacocafebrasil.com.br
Contatto: Tatiana Vasconcelos
tatiana@espacocafebrasil.com.br
Tel: + 55 11 3586 2233; +55 11 98449 2768
Dal 1° luglio 2013 il Regolamento UE n. 305/2011 del 9 marzo 2011 manda definitivamente in pensione la vecchia Direttiva Europea n. 89/106/CEE sulla marcatura CE dei prodotti da costruzione. Il provvedimento fissa, ai fini dell’utilizzo, le condizioni armonizzate per la commercializzazione e la marcatura dei prodotti edili garantendo che il fabbricante abbia eseguito i controlli standard, sia durante le fasi di progettazione che di fabbricazione, sulle materie prime, sui macchinari e sui requisiti del prodotto finito.
Il Regolamento n. 305/2011 (composto da 68 articoli e 5 allegati) non ha bisogno di essere recepito in quanto normativa comunitaria e pertanto, una volta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Europea (4/4/2011), è entrato in vigore dal 24 aprile del 2011 in tutti gli Stati membri. Tuttavia è stata prevista un’entrata in vigore parziale per consentire agli operatori un adeguamento graduale:
gli art. 1 e 2, 29-35, 39-55, 64, 67, 68 e l’Allegato IV sono operativi, appunto, dal 24 aprile 2011
i rimanenti articoli 3-28, 36-38, 56-63 e gli articoli 65 e 66, nonché gli Allegati I, II, III e V, sono vigenti dal 1° luglio 2013.
In base alla nuova normativa, la dichiarazione di conformità viene sostituita dalla dichiarazione di prestazione (Dop), che deve essere redatta dal fabbricante secondo uno schema tipologico e deve contenere informazioni su sostanze pericolose ai sensi del Regolamento Reach (articoli 31 e 33 del regolamento).
Inoltre, i requisiti di base delle opere civili e d’ingegneria passano da 6 a 7 e viene introdotto il requisito che riguarda l’uso sostenibile delle risorse naturali (tutela dell’ambiente) secondo cui le opere di costruzione devono essere concepite, realizzate e demolite in modo che l’uso delle risorse naturali sia sostenibile e garantisca in particolare quanto segue:
a) il riutilizzo o la riciclabilità delle opere di costruzione, dei loro materiali e delle loro parti dopo la demolizione
b) la durabilità delle opere di costruzione
c) l’uso, nelle opere di costruzione, di “materie prime e secondarie ecologicamente compatibili”.
Dichiarazione di prestazione (art. 4)
Quando un prodotto da costruzione rientra nell’ambito di applicazione di una norma armonizzata o è conforme a una valutazione tecnica europea rilasciata per il prodotto in questione, “il fabbricante redige una dichiarazione di prestazione (Dop) all’atto dell’immissione di tale prodotto sul mercato”.
Nella Direttiva n° 89/106/CEE il fabbricante era tenuto alla redazione della dichiarazione di conformità CE.
Procedure semplificate (art. 37)
Il Regolamento prevede inoltre l’uso di procedure semplificate da parte delle microimprese, ma solo per prodotti da costruzione rientranti in alcuni dei Sistemi di Attestazione da esso regolamentati al fine di salvaguardare il livello di sicurezza e sorveglianza sul mercato.
Sostanze pericolose (artt. 31 e 33)
La dichiarazione di prestazione dovrà riportare informazioni relative al contenuto di sostanze pericolose nel prodotto da costruzione, al fine di migliorare la possibilità di realizzare costruzioni ecosostenibili e lo sviluppo di prodotti rispettosi dell'ambiente.
Marcatura CE
Il marchio CE sarà seguito dall'anno in cui è stata apposto per la prima volta. Il nome e l'indirizzo del produttore dovranno essere indicati in maniera chiara e certa. In particolare, prima di immettere sul mercato un prodotto da costruzione, gli importatori devono assicurarsi che il fabbricante abbia valutato e verificato la costanza della prestazione. Essi assicurano che il fabbricante abbia redatto la documentazione tecnica di cui all'articolo 11, paragrafo 1, secondo comma e la dichiarazione di prestazione conformemente agli articoli 4 e 6. Essi assicurano altresì che il prodotto, laddove richiesto, rechi la marcatura CE, che il prodotto sia accompagnato dai documenti richiesti e che il fabbricante abbia rispettato i requisiti di cui all’articolo 11, paragrafi 4 e 5.
Norme armonizzate
Dovrà essere elaborato un metodo uniforme europeo per l'attestazione di conformità ai requisiti fondamentali.
Documento europeo di valutazione
Il documento deve contenere una descrizione generale del prodotto da costruzione, la lista delle caratteristiche legate all'utilizzo previsto e concordate fra il produttore e gli organismi di valutazione tecnica (TAB), i metodi e i criteri per valutare le qualità del prodotto in relazione a caratteristiche essenziali.
Product Contact Point
Gli Stati membri devono inoltre designare un Product Contact Point per fornire informazioni sui prodotti da costruzione e il loro uso a titolo gratuito e dovranno mostrarsi imparziali per quanto riguarda il processo di ottenimento della marcatura CE.
Fabbricazione tradizionale
I prodotti da costruzione fabbricati in modo tradizionale o in modo adeguato alla conservazione del patrimonio, in un processo non industriale possono essere esenti dalla regola della dichiarazione di prestazione.
Testo del Regolamento.
REGOLAMENTO (UE) N. 305/2011 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 9 marzo 2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio
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La nozione di “stabile organizzazione” è utilizzata per individuare il presupposto soggettivo sufficiente e necessario per l’imposizione, anche in uno stato estero, del reddito derivante da un’attività economica ivi svolta da un soggetto residente in altro Stato.
Questo “rischio” si potrebbe concretizzare nel caso in cui una società italiana dovesse disporre nello stato estero di una struttura organizzativa, materiale e/o personale, per mezzo della quale l'impresa stessa eserciti la propria attività.
L’art. 7 del modello di convenzione OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), rubricato “Redditi di Impresa”, stabilisce il principio secondo il quale gli utili di un’impresa residente di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l’impresa non svolga la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata. Se così fosse, gli utili di quell’impresa sarebbero imponibili anche nell’altro Stato limitatamente alla porzione di essi attribuibile alla stabile organizzazione.
Per procedere alla verifica della sussistenza di una stabile organizzazione è necessario fare riferimento a quanto statuito in sede OCSE che rappresenta il punto di riferimento su cui i vari Stati hanno negoziato i propri accordi bilaterali contro le doppie imposizioni. Il riferimento è all'art. 5 del Modello OCSE il quale distingue fra due ipotesi:
la cosiddetta "stabile organizzazione materiale", disciplinata dai primi quattro paragrafi, che costituisce il criterio generale
la stabile organizzazione "personale" (agent clause) di cui ai paragrafi 5 e 6, che costituisce un'estensione del concetto stesso di stabile organizzazione e, conseguentemente, della potestà impositiva dello Stato della fonte.
Stabile organizzazione materiale
L'art. 5, paragrafo 1, prevede un criterio generale secondo il quale "ai fini della presente Convenzione, l'espressione 'stabile organizzazione' designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l'impresa esercita in tutto o in parte la sua attività”.
Il criterio della “sede di affari” prevede la verifica della presenza di una sede intesa in senso fisico, utile e strumentale allo svolgimento dell’attività economica. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di locali, immobili o macchinari, impianti e attrezzature varie a disposizione dell'impresa estera, non rilevando, al riguardo, il titolo in base al quale l'impresa abbia tale disponibilità (una stabile organizzazione può configurarsi anche qualora la sede di affari non sia di proprietà dell’impresa, né sia dalla stessa detenuta in base a un contratto di locazione).
Inoltre affinché una sede fissa di affari configuri una stabile organizzazione occorre che l'impresa che ne fa uso svolga tramite essa (through which) la propria attività, integralmente o in parte.
Attività di carattere preparatorio o ausiliario
Il Paragrafo 4 dell’art. 5 Modello OCSE contempla alcuni casi in cui, seppur in presenza di una sede fissa di affari, non si configura la stabile organizzazione in quanto i servizi svolti per il tramite di quest’ultima hanno carattere meramente preparatorio o ausiliario rispetto alla fase in cui si formano i profitti dell’impresa. Si dice infatti che: "4. Nonostante le precedenti disposizioni del presente articolo, non si considera che vi sia una 'stabile organizzazione' se:
a) si fa uso di un'installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all'impresa
b) i beni o le merci appartenenti all'impresa sono immagazzinate ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna
c) i beni o le merci appartenenti all'impresa sono immagazzinate ai soli fini della trasformazione da parte di un'altra impresa
d) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l'impresa
e) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini di svolgere, per l'impresa, qualsiasi altra attività che abbia carattere preparatorio o ausiliario
f) una sede fissa di affari è utilizzata ai soli fini dell'esercizio combinato delle attività menzionate ai paragrafi da a) ad e), purché l'attività della sede fissa nel suo insieme, quale risulta da tale combinazione, abbia carattere preparatorio o ausiliario".
Stabile organizzazione "personale"
Precisa il paragrafo 5 dell’art. 5 del Modello OCSE, che quando una persona, diversa da un agente che goda di uno status indipendente, opera per l'impresa straniera, abitualmente e con stabili poteri legali di rappresentanza che le permettono di concludere contratti a nome dell'impresa stessa, si può considerare che tale impresa abbia una stabile organizzazione in quest’ultimo Stato.
Da quanto su riportato è possibile isolare due requisiti essenziali alla esistenza della stabile organizzazione personale, i quali necessariamente dovranno essere riscontrati nella persona fisica o giuridica:
soggettivo: persona diversa da un agente con status indipendente il quale operi nel corso ordinario dei propri affari
oggettivo: esercizio abituale, per conto di un’impresa, del potere di concludere contratti in nome dell’impresa stessa.
Resta esclusa l’ipotesi di stabile organizzazione in esame nel caso in cui l’attività dell’agente si limiti all’acquisto di merci per conto dell’impresa non residente o eserciti solo un'attività di tipo preparatorio o ausiliario, indipendentemente dal fatto che egli abbia o meno il potere di concludere contratti.
Il giudizio sul grado di indipendenza di un agente dall’impresa che egli rappresenta va fondato sotto il duplice profilo giuridico ed economico.
Sotto il primo profilo è necessario fare riferimento all’ampiezza degli obblighi che l’agente ha verso l’impresa e alla sussistenza di un potere di direzione e controllo da parte di quest’ultima.
Il giudizio sull’indipendenza economica dell’agente presuppone, invece, l’individuazione del soggetto su cui grava il rischio imprenditoriale: ove questo rischio gravi, infatti, sull’agente, quest’ultimo può essere considerato economicamente indipendente.
Oltre che giuridicamente ed economicamente indipendente, è necessario che l’intermediario operi nel “corso ordinario dei propri affari”.
L’ulteriore ed indispensabile requisito affinché si configuri una stabile organizzazione personale è rappresentato dall’effettivo esercizio abituale da parte dell’agente, per conto dell’impresa estera, del potere di concludere contratti in nome della medesima.
Sul concetto del “potere di concludere contratti” l’OCSE ha chiarito che lo stesso si concretizza allorché sia ravvisato nell’intermediario quell’autorità a negoziare tutti gli elementi e dettagli di fatto necessari ai fini della conclusione dei contratti, di per sé sufficiente a vincolare di fatto l’impresa estera alle clausole negoziali fissate dall’intermediario stesso in sede di trattativa, indipendentemente dal fatto che in capo all'agente sussista, o meno, un formale potere di firma dei contratti stessi.
A riguardo il Commentario specifica che l’assenza di un attivo coinvolgimento dell’impresa nelle transazioni può essere indicativa della concessione all'agente dell'autorità di concludere contratti. Ad esempio, si può ritenere che l'agente disponga dell'autorità di concludere contratti qualora richieda e riceva gli ordini e li invii direttamente a un magazzino dal quale i beni sono consegnati, laddove l'impresa estera approvi abitualmente le transazioni.
Natale Galimi
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Il presente scritto si propone di fornire, senza pretesa di esaustività, alcune informazioni utili agli operatori che intendano instaurare rapporti di distribuzione internazionale con controparti cilene.
Considereremo i principali aspetti riguardanti la distribuzione internazionale in Cile: la forma richiesta per la conclusione del contratto, gli obblighi delle parti, lo scioglimento del contratto e i possibili metodi di risoluzione delle controversie relative al rapporto.
Esiste un Accordo di Associazione, entrato in vigore nel 2005, volto a favorire le relazioni economiche tra gli Stati membri dell’Unione Europea e il Cile. Tale Accordo contiene il Free Trade Agreement, entrato in vigore nel febbraio del 2003, il cui obiettivo è agevolare e semplificare il commercio in un’ottica di progressiva liberalizzazione. Significative in tal senso sono le agevolazioni nel settore doganale (art. 57 e seguenti del Free Trade Agreement) con riguardo ai prodotti industriali e agricoli. Tuttavia, nonostante l’Accordo, il Cile ha introdotto restrizioni alle importazioni di alcune categorie di prodotti (ad esempio le carni).
In Cile il contratto di distribuzione non ha una sua normativa ad hoc. Per tale motivo, i punti di riferimento principali sono i principi generali di diritto civile e commerciale cileno. Stante l’assenza di una disciplina specifica in materia di distribuzione, le parti potranno godere di ampia autonomia nel regolare i loro rapporti.
Con riferimento ai requisiti richiesti a coloro che intendano operare nel settore in esame, si segnala che questi ultimi non devono possedere particolari requisiti, come invece accade in altri Paesi, ove è richiesta ad esempio l’iscrizione in un apposito albo o registro. Per poter operare come distributore in Cile, non è necessario che l’operatore sia di nazionalità cilena.
Ulteriore conseguenza dell’assenza di una disciplina specifica in materia di distribuzione è la mancanza del requisito della forma scritta per la validità del contratto. Dunque, un contratto di distribuzione in Cile assume rilevanza anche qualora il distributore operi di fatto. Tuttavia, risulta comunque opportuno suggerire alle parti di formalizzare per iscritto il loro rapporto allo scopo di riuscire a dar prova della sua effettiva esistenza, qualora dovesse venire in essere un contenzioso tra le stesse.
Quanto alle obbligazioni di ciascuna parte, stante il fatto che il contratto di distribuzione non è regolamentato, l’individuazione delle stesse può essere operata in termini generali. Così, l’obbligazione tipica del fornitore è quella di fornire i prodotti al distributore, secondo le quantità e le tempistiche concordate. Le parti possono altresì concordare l’adempimento da parte del fornitore di specifiche obbligazioni, quali la fornitura di materiale pubblicitario, la concessione dell’uso di marchi e l’applicazione di sconti a certe condizioni.
Parallelamente, l’obbligazione tipica del distributore è l’acquisto dei prodotti contrattuali dal fornitore e la loro commercializzazione secondo quanto concordato. In tal senso, il fornitore può richiedere al distributore che tale commercializzazione venga svolta secondo precise modalità dallo stesso stabilite, che possono riguardare, ad esempio, l’esposizione dei prodotti, la loro promozione pubblicitaria o la loro presentazione al pubblico.
Le parti possono concordemente prevedere all’interno del contratto ulteriori clausole come ad esempio quelle aventi ad oggetto un obbligo di non concorrenza post-contrattuale da parte del distributore nei confronti del fornitore. Tuttavia, qualora si intenda operare una scelta di tal genere, è opportuno prevedere che l’obbligo in questione abbia una durata ragionevole ed eventualmente stabilire l’ammontare di un’indennità a favore del distributore.
Altro specifico obbligo in capo al distributore può essere quello di informazione consistente, in sostanza, nel tenere informato il fornitore circa l’attività svolta e le condizioni del mercato.
Sarebbe inoltre consigliabile adottare adeguati strumenti di pagamento al fine di tutelare il credito (pagamento anticipato della merce o lettere di credito).
La durata del contratto viene stabilita dalle parti e può essere a tempo determinato o indeterminato. Qualora uno dei contraenti intenda risolvere il contratto, stante la predetta assenza di disciplina, non si hanno particolari prescrizioni per quanto riguarda il periodo di preavviso. L’ovvia conseguenza è che il giudizio circa la congruità del periodo di preavviso eventualmente concesso viene lasciato alla valutazione del giudicante che sarà chiamato a decidere le controversie.
Meglio prevedere contratto scritto con clausola che contenga un congruo periodo di preavviso. In assenza di contratto scritto, la parte che intende recedere dal contratto dovrà concedere un termine di preavviso che sia adeguato in considerazione di tutti gli elementi che hanno caratterizzato il rapporto, stante il rischio di una condanna al pagamento di un’indennità di mancato preavviso a favore della parte che subisce la risoluzione.
Per quanto concerne, invece, la corresponsione di un’indennità di fine rapporto, il giudizio di opportunità o meno della spettanza di quest’ultima al distributore è lasciata al giudice competente. Nei casi in cui le Corti cilene sono state chiamate a pronunciarsi in proposito in base alla legge del loro Stato, hanno elaborato precisi criteri cui fare riferimento caso per caso (ad esempio, previsioni contrattuali, periodo di preavviso concesso, attività svolta dal distributore).
Quanto alla legge applicabile al rapporto di distribuzione, quest’ultima sarà quella liberamente determinata dalle parti. Così anche per quanto riguarda il foro competente a risolvere le controversie che eventualmente dovessero sorgere tra le parti, queste ultime avranno facoltà di scelta in proposito.
Gli operatori italiani dovrebbero considerare che, in caso di ottenimento di una sentenza favorevole in Italia, potrebbero prospettarsi impedimenti con riguardo al suo riconoscimento e all’esecuzione in Cile per problemi, ad esempio, di ordine procedurale. Sarebbe dunque preferibile inserire nel contratto di distribuzione una clausola che devolva la risoluzione delle controversie ad arbitri. Ciò è altamente consigliabile, non solo per la tradizionale maggiore rapidità e praticità con cui si svolge il giudizio arbitrale, ma anche perchè il Cile ha ratificato la Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri, con conseguente possibilità di rendere esecutivo in Cile il lodo emesso.
Paolo Lombardi e Elisabetta Mura
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